Ha attraversato i secoli, modificandosi, adattandosi, assumendo le forme degli usi e dei costumi dell’epoca, mutando, ma persistendo. Il fenomeno della corruzione, come sottolineato da Cicerone nell’antica ma moderna opera le Verrine, è una decisione culturale ancora prima che giuridica. Ed è per questo che contro il propretore Gaio Licinio Verre, accusato di concussione per avere manovrato a suo piacimento il sistema di aggiudicazione degli appalti, Cicerone nel 70 a.C., in un gremito Foro Romano, chiese una condanna che potesse essere da monito per i potenti e gettasse un segnale contro la corruzione, stigmatizzandone ogni sua forma.
A ben vedere la necessità di una condanna (culturale e giuridica) contro i fenomeni corruttivi è un leitmotiv ondivago che percorre i secoli, fino alle ere moderne e ai giorni nostri dove questa esigenza di giustizia sociale è tornata a scuotere da tempo le istituzioni (si pensi alle inchieste giudiziarie degli anni ’90, note alla cronaca come Mani pulite).
La corruzione come male sociale
Perché se è vero che la corruzione esiste da quando esiste l’uomo, è anche vero che da sempre è stata percepita come un male sociale. E di un male si tratta. Ha un costo sia dal punto di vista sociale, ingenerando un clima di sfiducia nelle istituzioni, nell’ordinamento e in generale nello Stato, sia monetario: si stima che la corruzione pesi sull’economia dei paesi europei per oltre 900 miliardi di euro e su quella italiana per almeno 237 miliardi, pari al 13 % del prodotto interno lordo (Fonte centro di ricerca Rand).
Patrimoni ingenti sottratti dai circuiti legali con evidenti conseguenze sul piano reputazionale – l’Italia ancora oggi si colloca al 42esimo posto su 180 paesi del mondo – del welfare e in generale di crescita della comunità nazionale.
La situazione in Italia e Toscana
Di fronte a questa situazione di emergenza sociale il legislatore nazionale, su spinta di quello europeo, ha emanato, in una sorta di climax ascendente, misure sempre più severe per contrastare il dilagante fenomeno della corruzione. Fenomeno che non si può localizzare o relegare ad alcune zone d’Italia, ma che come un virus ammorba l’intero territorio del Bel Paese.
Neppure la Toscana ne è immune, come testimoniato da un recente rapporto sulla criminalità condotto dalla Regione in collaborazione con la Scuola Normale di Pisa, che colloca questo territorio tra il 5° e il 6° posto su scala nazionale.
Lo studio evidenzia come il fenomeno corruttivo persista, anche alla luce degli importanti interventi normativi, che però ne hanno mutato le sue forme di manifestazione, in particolare:
- si è assistito a quello che è stato definito uno slittamento verso il privato dei rapporti di forza, ciò anche in considerazione della privatizzazione di molti settori che erogano servizi di pubblica utilità;
- le parti adottano tecniche sempre più sofisticate per dissimulare o confondere la natura delle relazioni intessute, nonché a massimizzarne i profitti di “tangenti pulite e fatturate” (ne sono un esempio, la trasformazione della mazzetta in regali sontuosi e la diluizione nel tempo delle contropartite).
Il dossier però evidenzia anche come il fenomeno corruttivo abbia delle sue storiche costanti individuando nell’area appalti, il settore di maggiore vulnerabilità. Analizzando i dati del rapporto ci si accorge che, essendo la corruzione un fenomeno soprattutto culturale, non può essere ostracizzato e demolito solo attraverso la previsione di sanzioni, ma vi è la necessità di creare una vera e propria cultura della legalità. E qua, un ruolo importante può essere rivestito, oltre che dalle istituzioni, anche dagli operatori economici.
Le azioni anti-corruzione nelle aziende
Le imprese possono farsi promotrici e collaborare attivamente nella prevenzione e nell’intercettazione dei fenomeni corruttivi, attraverso:
- l’adozione di sistemi di compliance normativa e di controllo interno (si pensi al modello di organizzazione gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 231/2001; al codice etico; alla certificazione anticorruzione UNI ISO 37001);
- campagne di sensibilizzazione e formazione del personale;
- l’implementazione di sistemi che consentono l’emersione di fatti illeciti nella garanzia della riservatezza del segnalante, il cosiddetto whistleblowing.